Silenzio-rifiuto non impugnabile se la domanda di rimborso è vaga

30.05.2025

Le richieste di rimborso prive dell'indicazione degli estremi dei versamenti eseguiti e dell'ammontare delle ritenute Irpef subite, nonché degli importi pretesi in restituzione, non possono considerarsi giuridicamente valide e non sono, quindi, idonee alla formazione di un silenzio-rifiuto impugnabile.

La decisione presa dalla Corte di cassazione con l'ordinanza in commento, la n. 10603 del 23 aprile 2025, muove dall'impugnazione del silenzio-rifiuto formatosi su un'istanza di rimborso della maggiore Irpef presentata da un contribuente, ex dipendente dell'Inps, titolare di trattamento pensionistico complementare erogato, in forma di rendita periodica, dal Fondo integrativo del predetto Istituto. Istanza avanzata sull'assunto che le prestazioni pensionistiche in argomento, assoggettate a imposizione ordinaria nella misura dell'87,50% dell'ammontare percepito, dovessero essere tassate separatamente mediante ritenuta a titolo d'imposta da operare con l'aliquota agevolata (articolo 11, comma 6, Dlgs n. 252/2005).

Ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera g), del Dlgs n. 546/1992 è impugnabile il rifiuto espresso o tacito della restituzione dei tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti.
Il rifiuto espresso è impugnabile entro 60 giorni dalla notificazione del provvedimento di diniego. Diversamente, in caso di inerzia protratta per 90 giorni successivi all'istanza, si forma il silenzio-rifiuto, anch'esso ritenuto espressamente impugnabile. Nondimeno, il ricorso contro il silenzio-rifiuto non è soggetto al termine decadenziale previsto per i provvedimenti espressi: il silenzio-rifiuto è impugnabile dal contribuente nel termine di prescrizione del diritto che con esso si fa valere.

Affinché si formi il silenzio-rifiuto, impugnabile nei descritti termini, è necessario che l'istanza di rimborso avanzata dal contribuente non sia formulata genericamente, ma contenga l'indicazione degli estremi del versamento e gli importi chiesti in restituzione. In difetto degli elementi richiamati, l'istanza non è idonea a formare il silenzio-rifiuto impugnabile perché non consente all'Amministrazione finanziaria di valutare la fondatezza della richiesta.
Nel caso in esame, la domanda di rimborso risultava così formulata: "chiede il rimborso della differenza di quanto versato all'Erario dal sostituto d'imposta e quanto dovuto a seguito dell'applicazione dell'aliquota del 9% sulle rate pensionistiche corrisposte nei 48 mesi antecedenti il novembre 2014 e per quelle successive".
È di tutta evidenza che l'istanza appariva mancante dell'indicazione dell'ammontare delle imposte asseritamente versate e del "quantum" richiesto a titolo di ripetizione d'indebito.

Quindi, per la sua estrema genericità, una siffatta richiesta non è idonea a determinare la formazione di un silenzio-rifiuto impugnabile.
La Corte di cassazione ribadisce, in tal senso, che per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, le domande di rimborso prive dell'indicazione degli estremi dei versamenti eseguiti e dell'ammontare delle ritenute Irpef subite, nonché degli importi pretesi in restituzione, non possono considerarsi giuridicamente valide e non sono, quindi, idonee alla formazione di un silenzio-rifiuto impugnabile, in quanto non consentono di valutare la fondatezza o meno della richiesta; né tale vizio è sanabile mediante il successivo deposito di documenti volti a colmare le predette lacune, il quale risulterebbe comunque tardivo per essere intervenuto nel corso di un procedimento che nemmeno avrebbe dovuto avere inizio.


Da Fisco Oggi