Intimazione di pagamento da impugnare per far valere proprie contestazioni

18.04.2025

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 6436 depositata l'11 marzo 2025, ha chiarito che, in tema di contenzioso tributario, l'intimazione di pagamento di cui all'articolo 50 Dpr n. 602/1973, in quanto atto equiparabile all'avviso di mora di cui al precedente articolo 46 del Dpr citato, è impugnabile autonomamente (articolo 19, comma 1, lettera e) Dlgs n. 546/1992). Di conseguenza, la sua impugnazione non è meramente facoltativa, ma necessaria, pena la cristallizzazione dell'obbligazione.
Una srl proponeva ricorso avanti alla Ctp di Roma avverso due pignoramenti di crediti emessi, entrambi, a seguito di molte cartelle di pagamento, aventi ad oggetto crediti tributari e preceduti da intimazione (ex articolo 50, comma 2 Dpr 602/1973).

La contribuente sosteneva, in particolare, la nullità dei pignoramenti stante l'omessa o irregolare notifica delle cartelle. Eccepiva, poi, la prescrizione dei crediti alla data della notifica dell'atto di pignoramento, vista l'omessa notifica delle cartelle di pagamento e delle intimazioni. Aggiungeva, tuttavia, che la prescrizione era maturata per la maggior parte dei crediti fin dalla data di asserita notifica delle stesse. Infine, eccepiva l'illegittimità degli atti impugnati per omessa o illegittima notifica dell'avviso di intimazione.

Il giudice di primo grado rigettava il ricorso, ritenendo che le cartelle e l'intimazione di pagamento fossero state tutte regolarmente notificate e che la prescrizione non fosse maturata.

Dello stesso parere si mostrava anche la Ctr di Roma, adita dalla srl in sede di gravame.

Contro detta pronuncia di seconde cure, la contribuente proponeva ricorso di legittimità, affidato a due motivi, dei quali solo il primo intendiamo attenzionare in questa sede.

In particolare, censurava la sentenza impugnata nella parte in cui aveva affermato che l'eccezione di prescrizione non fosse proponibile impugnando l'atto di pignoramento, in assenza di impugnazione dell'atto di intimazione di pagamento.

La pronuncia della Corte
La Corte di legittimità, nel rigettare il ricorso della contribuente, premette che qualsiasi eccezione relativa a un atto impositivo divenuto definitivo, come quella di prescrizione del credito fiscale maturato precedentemente alla notifica di tale atto, è effettivamente preclusa, secondo il fermo principio della non impugnabilità, se non per vizi propri, di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato (Cassazione n. 22108/2024).

Ciò posto, passa ad esaminare la questione relativa all'obbligatorietà od alla facoltatività dell'impugnazione dell'avviso di cui all'articolo 50, comma 2, Dpr n. 602/1973, in ragione della sua riconducibilità o meno all'elenco degli atti di cui all'articolo 19 Dlgs n. 546/1992.

Ebbene, secondo la stessa giurisprudenza di Cassazione, l'elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell'articolo 19 Dlgs n. 546/1992, ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione finanziaria porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche.

È stata, in particolare, riconosciuta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che, esplicitando concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è preordinata, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'articolo 19 citato. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l'onere, d'impugnazione di atti diversi da quelli ivi specificamente indicati (per l'orientamento riassunto, Cassazione n. 31630/2024).

Quindi, la mera facoltatività dell'impugnazione sussiste solo per gli atti non tipici.

Inoltre l'articolo 50 Dpr n. 602/1973 prevede che, se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, la stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall'articolo 26, di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni.

Detto avviso corrisponde al precedente avviso di mora, previsto dall'articolo 46 Dpr n. 602/1973, nella versione pro tempore vigente, che disponeva che l'esattore, prima di iniziare l'espropriazione forzata nei confronti del debitore moroso, dovesse notificargli un avviso contenente l'indicazione del debito, distintamente per imposte, sopratasse, pene pecuniarie, interessi, indennità di mora e spese, e l'invito a pagare entro cinque giorni. Dopo le modifiche di cui al Dlgs n. 46/1999, analoga disposizione si trova nell'attuale articolo 50, il quale prevede che, se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni.

Si tratta, secondo la Cassazione, del medesimo atto e, di conseguenza, l'avviso di cui all'articolo 50 Dpr n. 602/1973 è riconducibile all'avviso di mora cui fa riferimento l'articolo 19, comma 1, lettera e) Dlgs n. 546/1992 (Cassazione sezioni unite n. 8279/2008 e Cassazione n. 27093/2022).

Del resto, con riferimento all'intimazione di pagamento in generale - quale atto il cui scopo è quello di invitare il contribuente al pagamento prima di dare avvio all'esecuzione forzata – la Suprema corte ha ribadito che si tratta di atto assimilato all'avviso di cui all'articolo 50, comma 2 Dpr n. 602/1973 (Cassazione n. 22108/2024) e che la questione sulla facoltatività o meno dell'impugnazione dell'atto non possa risolversi sulla scorta della mera formale dizione contenuta nell'articolo 19 Dlgs n. 546/1992, dovendosi guardare alla funzione intrinseca, analoga a quella propria di uno degli atti tipici ivi contemplati (Cassazione n. 40233/2021).

In questo senso, le stesse sezioni unite della Corte, nel chiarire la questione della natura dell'intimazione di pagamento, hanno ribadito, in materia di tasse automobilistiche, che il "sollecito di pagamento" ricevuto dal contribuente è certamente atto che precede l'esecuzione, potendo lo stesso essere assimilato, al di là dell'ininfluente differenza di denominazione, all'avviso previsto dall'articolo 50, comma 2 Dpr n. 602/1973 per l'ipotesi che l'espropriazione non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento: avviso, comunemente denominato "avviso di mora", la cui impugnabilità innanzi alle commissioni tributarie è esplicitamente prevista dall'articolo 19, comma 1 Dlgs n. 546/1992 (Cassazione sezioni unite n. 26817/2024).

Pertanto, la Corte regolatrice del diritto, nella sua composizione più autorevole, ha già avuto occasione di ribadire, in sintesi, che, al di là della diversa denominazione dei singoli atti, deve aversi riguardo alla funzione propria dell'atto ovvero, nella specie, di invitare il contribuente al pagamento prima di dare avvio all'esecuzione forzata.

Conclusioni
Dallo scrutinio della giurisprudenza in argomento, la Corte di cassazione ritiene che il meccanismo di cui all'articolo 19, comma 3, ultimo periodo Dlgs n. 546/1992 - secondo cui la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo - comporta che, se l'intimazione di pagamento non viene impugnata - facendo valere la sua sola nullità per mancata notifica degli atti presupposti o anche l'illegittimità della pretesa per vicende ad essa attinenti, come la prescrizione della stessa - il relativo credito si consolida e non possono essere fatte valere vicende estintive anteriori alla sua notifica (Cassazione 22108/2024 e 10736/2024).

Il contribuente, pertanto, ha l'onere d'impugnare l'avviso di intimazione per fare valere l'eventuale prescrizione dei crediti tributari maturati tra la data di notificazione delle cartelle di pagamento e quella di notificazione dell'avviso stesso; ugualmente deve ritenersi con riferimento alla cartella che si assume che nemmeno sia stata notificata.

In ultima analisi, l'eccezione di prescrizione, che si afferma maturata prima dell'intimazione di pagamento, va fatta valere dal contribuente impugnando quest'ultima, restando preclusa, invece, in sede di impugnazione del successivo atto di pignoramento.

Fonte Fisco Oggi