
Indagini bancarie su conti di terzi, ok se adeguatamente motivate
Con l'ordinanza n. 7403 del 20 marzo 2025, la Corte di cassazione torna ad occuparsi di accertamenti bancari aventi ad oggetto conti correnti intestati a terzi. Sul punto, i giudici di legittimità ribadiscono che questi possono aver luogo ove l'Amministrazione finanziaria alleghi adeguati indizi, ulteriori rispetto al vincolo familiare con l'intestatario dei conti. Tali accertamenti, peraltro, non possono essere esclusi neanche in caso di scritture contabili formalmente corrette.
Il caso
Con avviso di accertamento notificato ad ottobre 2017, l'Agenzia delle entrate richiedeva a una Srl il pagamento di importi Ires, Irap e Iva, a seguito di pvc dello stesso anno da cui era emerso un maggior reddito imponibile e un più elevato valore della produzione.
In particolare, la contestazione scaturiva da un'indagine bancaria sui conti correnti intestati al legale rappresentante e socio maggioritario della società e di altri soggetti rientranti nella cerchia familiare di quest'ultimo, sui quali erano state registrate operazioni ritenute non giustificate e, pertanto, ricondotte alla stessa società.
Quindi, era stato dedotto il maggior reddito di questa, con conseguente recupero a tassazione del relativo importo.
La Srl impugnava l'avviso di accertamento innanzi alla competente Ctp di Caserta, che respingeva il ricorso. La prima pronuncia veniva, tuttavia, ribaltata nel giudizio di gravame innanzi la Ctr della Campania, a favore della società.
Da ultimo, quindi, l'Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, denunciando la violazione degli articoli 2727 e seguenti del codice civile, in relazione all'articolo 360, n. 3, codice di procedura civile, per avere la sentenza negato la rilevanza indiziaria degli elementi forniti dall'Amministrazione finanziaria.
Veniva denunciata, altresì, la violazione degli articoli 32 Dpr n. 600/1973 e 51 Dpr n. 633/1972, in relazione all'articolo 360, n. 3 del codice di procedura civile, posto che la Ctr aveva ritenuto decisiva la circostanza della "corretta tenuta delle scritture contabili" al fine di escludere il necessario ricorso alle verifiche bancarie estese a conti intestati a terzi.
Accertamento sui conti bancari di terzi, possibile in base ad adeguati indizi
Con l'ordinanza in commento la Suprema corte ha accolto entrambi i motivi di ricorso.
Riguardo alla prima questione, i giudici di legittimità hanno sostenuto la bontà dell'operato dall'Agenzia delle entrate allorché, questa ha proceduto a svolgere accertamenti bancari, oltre che sui conti della società in questione, anche sui conti correnti di terzi. Secondo la Corte, infatti, ciò è avvenuto in base a un adeguato compendio indiziario, in base al quale (contrariamente a quanto ritenuto dalla Ctr) l'ente accertatore ha assolto all'onere di allegazione che su esso incombe, quando ricorre a tali forme di accertamento.
Sul punto, i giudici di Piazza Cavour hanno richiamato il consolidato principio di legittimità, in base al quale: "In tema di accertamento delle imposte sui redditi, le indagini bancarie possono riguardare anche conti correnti intestati a terzi, ove si possa ritenere che siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali a scopo di evasione fiscale, in base ad indizi, il cui onere di allegazione è a carico dell'Ufficio, non desumibili dal solo vincolo familiare esistente tra il titolare del conto ed il contribuente accertato, essendo necessari ulteriori elementi idonei a dimostrare, in via logico-presuntiva, la riferibilità a quest'ultimo delle movimentazioni bancarie registrate sul conto del familiare, privo di una situazione reddituale con esse compatibile" (Cassazione n. 24747/2023).
Tra i suddetti "elementi idonei", è possibile ricordare quelli già individuati nella giurisprudenza della Corte, ovvero: il rapporto di stretta familiarità, l'ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta considerato, l'infedeltà delle dichiarazioni e l'esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività riferita a dette persone (Cassazione n. 546/2020).
Analoghe osservazioni valgono anche in tema di accertamento Iva quando, dai controlli svolti, emergano adeguati indici sintomatici, che facciano ritenere che le operazioni bancarie registrate su un conto bancario intestato al coniuge o ad un familiare del socio contribuente, siano riconducibili, invece, proprio a quest'ultimo (Cassazione n. 1174/2021).
Correttezza delle scritture contabili e accertamento esteso a terzi
Con riferimento all'ulteriore motivo di censura, la Corte ha affermato che la corretta tenuta delle scritture contabili non è elemento idoneo a escludere l'accertamento presso i conti di terzi da parte degli Uffici accertatori, come invece sostenuto dalla Ctr. Tale preclusione, infatti, contraddirebbe con la modalità di accertamento analitico-induttivo, impiegato per la rettifica di singole componenti reddituali e che consente agli Uffici di contestare la documentazione contabile prodotta dal contribuente, seppur formalmente corretta, quando sorgano presunzioni gravi, precise e concordanti, tali da ingenerare seri dubbi sulla completezza e fedeltà della stessa.Con l'ordinanza n. 7403 del 20 marzo 2025, la Corte di cassazione torna ad occuparsi di accertamenti bancari aventi ad oggetto conti correnti intestati a terzi. Sul punto, i giudici di legittimità ribadiscono che questi possono aver luogo ove l'Amministrazione finanziaria alleghi adeguati indizi, ulteriori rispetto al vincolo familiare con l'intestatario dei conti. Tali accertamenti, peraltro, non possono essere esclusi neanche in caso di scritture contabili formalmente corrette.
Il caso
Con avviso di accertamento notificato ad ottobre 2017, l'Agenzia delle entrate richiedeva a una Srl il pagamento di importi Ires, Irap e Iva, a seguito di pvc dello stesso anno da cui era emerso un maggior reddito imponibile e un più elevato valore della produzione.
In particolare, la contestazione scaturiva da un'indagine bancaria sui conti correnti intestati al legale rappresentante e socio maggioritario della società e di altri soggetti rientranti nella cerchia familiare di quest'ultimo, sui quali erano state registrate operazioni ritenute non giustificate e, pertanto, ricondotte alla stessa società.
Quindi, era stato dedotto il maggior reddito di questa, con conseguente recupero a tassazione del relativo importo.
La Srl impugnava l'avviso di accertamento innanzi alla competente Ctp di Caserta, che respingeva il ricorso. La prima pronuncia veniva, tuttavia, ribaltata nel giudizio di gravame innanzi la Ctr della Campania, a favore della società.
Da ultimo, quindi, l'Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, denunciando la violazione degli articoli 2727 e seguenti del codice civile, in relazione all'articolo 360, n. 3, codice di procedura civile, per avere la sentenza negato la rilevanza indiziaria degli elementi forniti dall'Amministrazione finanziaria.
Veniva denunciata, altresì, la violazione degli articoli 32 Dpr n. 600/1973 e 51 Dpr n. 633/1972, in relazione all'articolo 360, n. 3 del codice di procedura civile, posto che la Ctr aveva ritenuto decisiva la circostanza della "corretta tenuta delle scritture contabili" al fine di escludere il necessario ricorso alle verifiche bancarie estese a conti intestati a terzi.
Accertamento sui conti bancari di terzi, possibile in base ad adeguati indizi
Con l'ordinanza in commento la Suprema corte ha accolto entrambi i motivi di ricorso.
Riguardo alla prima questione, i giudici di legittimità hanno sostenuto la bontà dell'operato dall'Agenzia delle entrate allorché, questa ha proceduto a svolgere accertamenti bancari, oltre che sui conti della società in questione, anche sui conti correnti di terzi. Secondo la Corte, infatti, ciò è avvenuto in base a un adeguato compendio indiziario, in base al quale (contrariamente a quanto ritenuto dalla Ctr) l'ente accertatore ha assolto all'onere di allegazione che su esso incombe, quando ricorre a tali forme di accertamento.
Sul punto, i giudici di Piazza Cavour hanno richiamato il consolidato principio di legittimità, in base al quale: "In tema di accertamento delle imposte sui redditi, le indagini bancarie possono riguardare anche conti correnti intestati a terzi, ove si possa ritenere che siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali a scopo di evasione fiscale, in base ad indizi, il cui onere di allegazione è a carico dell'Ufficio, non desumibili dal solo vincolo familiare esistente tra il titolare del conto ed il contribuente accertato, essendo necessari ulteriori elementi idonei a dimostrare, in via logico-presuntiva, la riferibilità a quest'ultimo delle movimentazioni bancarie registrate sul conto del familiare, privo di una situazione reddituale con esse compatibile" (Cassazione n. 24747/2023).
Tra i suddetti "elementi idonei", è possibile ricordare quelli già individuati nella giurisprudenza della Corte, ovvero: il rapporto di stretta familiarità, l'ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta considerato, l'infedeltà delle dichiarazioni e l'esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività riferita a dette persone (Cassazione n. 546/2020).
Analoghe osservazioni valgono anche in tema di accertamento Iva quando, dai controlli svolti, emergano adeguati indici sintomatici, che facciano ritenere che le operazioni bancarie registrate su un conto bancario intestato al coniuge o ad un familiare del socio contribuente, siano riconducibili, invece, proprio a quest'ultimo (Cassazione n. 1174/2021).
Correttezza delle scritture contabili e accertamento esteso a terzi
Con riferimento all'ulteriore motivo di censura, la Corte ha affermato che la corretta tenuta delle scritture contabili non è elemento idoneo a escludere l'accertamento presso i conti di terzi da parte degli Uffici accertatori, come invece sostenuto dalla Ctr. Tale preclusione, infatti, contraddirebbe con la modalità di accertamento analitico-induttivo, impiegato per la rettifica di singole componenti reddituali e che consente agli Uffici di contestare la documentazione contabile prodotta dal contribuente, seppur formalmente corretta, quando sorgano presunzioni gravi, precise e concordanti, tali da ingenerare seri dubbi sulla completezza e fedeltà della stessa.
Da Fisco Oggi